18 Ottobre 2022
Nei giorni scorsi è circolata su numerose testate nazionali e locali la notizia di un grave episodio di maltrattamento ai danni di alcuni ospiti di una comunità alloggio per anziani in provincia di Pavia. Le indagini hanno condotto all'arresto del titolare e di quattro operatrici della struttura, a cui sono stati contestati i reati di maltrattamenti sistematici degli anziani, molti dei quali non propriamente autosufficienti. Gli ospiti erano quotidianamente sottoposti a mortificazioni, urla e ingiurie varie che generavano un'atmosfera costante di paura e di umiliazione. La casa di riposo è stata chiusa e agli arrestati è stata notificata una misura interdittiva di sospensione temporanea dell’esercizio delle attività professionali.
Episodi così ci lasciano profondamente addolorati ma è importante sottolineare che, sebbene non esistano meccanismi che garantiscano al 100% che nessun anziano potrà essere vittima di abusi, esistono efficaci meccanismi di controllo e istituzioni serie collegate in rete che lavorano duramente proprio per impedire che questo tipo di situazione si verifichi.
In seguito a questa triste vicenda abbiamo avuto occasione di rivolgere qualche domanda sul tema della prevenzione degli abusi all'interno delle residenze per anziani a Stefano D'Errico, Presidente Asnali Regionale Lombardia e Coordinatore Nazionale Asnali Professioni Sanitarie, attivo da molti anni sul territorio pavese.
Come funzionano i controlli che esistono per evitare possibili episodi di abuso sugli anziani nelle strutture?
Ci sono fondamentalmente tre tipi di controllo. Il controllo che avviene in fase di apertura della struttura, quindi quando si autorizza la struttura all’esercizio dell’attività ricettiva e che consiste sostanzialmente nella verifica del rispetto di tutti i requisiti organizzativi, gestionali, funzionali e strutturali. Questa verifica avviene attraverso l’adempimento di una checklist di requisiti stabiliti da ATS. In questa fase normalmente la struttura è vuota o semi vuota; si tratta quindi di una verifica più legata agli aspetti strutturali, impiantistici e relativa alla forma che assume l'azienda stessa. È una prima fase di controlli dove semplicemente la residenza per anziani viene autorizzata ad operare. Poi, con cadenza semestrale o annuale, in base a quelli che sono gli esiti dei controlli precedenti, vengono eseguiti i controlli per la verifica del mantenimento dei requisiti. Questa è la seconda tipologia di verifica che viene effettuata. Ha più o meno la stessa linea di indirizzo di quella autorizzativa, ma vengono verificate in modo più approfondito anche le caratteristiche dei servizi offerti e le condizioni degli ospiti presenti, nonché la modalità di somministrazione dei farmaci. Verifiche di questo tipo vengono svolte periodicamente. In ultimo ci sono poi controlli successivi a segnalazioni, come quelli che hanno portato a scoprire i problemi riguardanti la struttura di Vistarino. Queste verifiche normalmente possono avere origine da una segnalazione da parte di parenti degli ospiti della struttura, oppure da parte di operatori sanitari ad esempio in seguito ad accessi ai pronto soccorso, nei quali si evidenziano delle criticità che vengono poi trasmesse alla Procura della Repubblica, la quale può disporre l’invio dei Nas a seguito dell'apertura di un fascicolo d'indagine. ATS in quel momento entra in campo come parte tecnica delle perizie e quindi svolge delle valutazioni tecniche su quelle che sono le linee dell'indagine.
Quanto è importante il rapporto con ATS per garantire che questi meccanismi siano efficaci?
Il rapporto con ATS è fondamentale; è un rapporto strategico necessario perché ATS è l'ultimo braccio operativo di Regione Lombardia, e pertanto è anche l'ente che fornisce tutte le informazioni utili alle strutture. Nel contesto dell'assemblea dei sindaci ATS svolge inoltre una funzione di garanzia che non si limita ad una semplice presenza. I rapporti con ATS sono fondamentali perché si possa realizzare la progettazione dell’accoglienta dell'anziano, anche sulla base delle sue condizioni di salute e del raggiungimento degli obiettivi che queste strutture si prefiggono di realizzare. In particolare, tutto ciò che concerne la gestione della non autosufficienza viene svolto di concerto con ATS e con il supporto dei medici di base. Quindi ATS è presente in ogni momento dell’attività, con riferimento, ovviamente, alle strutture che operano coinvolgendo ATS all'interno del proprio lavoro.
Cosa si potrebbe fare per migliorare questo processo?
Sebbene sia possibile affermare che questo sistema di controllo funzioni piuttosto bene, non è possibile rispondere a questa domanda con una formula valida in modo assoluto. Il processo di controllo ordinario, purtroppo, non avrebbe mai e poi mai potuto evidenziare situazioni di abusi e maltrattamenti perché, al di fuori delle segnalazioni che possono avvenire da parte degli ispettori ATS per condizioni di scarsa igiene o di scarsa cura del contesto, è praticamente impossibile riuscire a rilevare le criticità di quel tipo, in quanto l'intervista che avviene con l'anziano in fase di verifica ha più che altro l’obbiettivo di comprendere se quell’anziano è idoneo per la permanenza in struttura. Quindi in realtà non esiste un sistema totalmente sicuro, un sistema che possa eventualmente cancellare ogni rischio di maltrattamenti. Possiamo dire tuttavia che concedere la possibilità di gestire una residenza per anziani, stabilendo come soli requisiti oggettivi l’assenza di precedenti penali, e senza alcuna valutazione delle attitudini anche psicologiche, è una soluzione che da un lato apre virtualmente a tutti l’esercizio di questo tipo di attività, ma si rivela poco efficace in termini di risultati. Di fatto, la qualità della cura verso gli ospiti dipende molto dalle attitudini dei gestori, e in particolare modo dagli operatori presenti nella struttura. E’ infatti opportuno osservare che nel caso della struttura oggetto della recente indagine, i provvedimenti di custodia cautelare hanno raggiunto oltre che i titolari anche gli operatori. Questa è l'ennesima riprova che non esiste probabilmente un sistema perfetto, bensì esistono dei contesti che possono rivelarsi virtuosi e generare buone pratiche coltivando una rete di rapporti che coinvolge familiari, ospiti, struttura e istituzioni. Operando in questo modo è difficile che si verifichino situazioni come quelle che hanno toccato la comunità alloggio di Vistarino, proprio perché la presenza di ATS e dei comuni all’interno delle strutture è frequente, e questo abbassa esponenzialmente il rischio che si verifichino comportamenti inopportuni. Non mi riferisco tanto alle ispezioni, ma proprio alle attività ordinarie che vengono svolte, perché le strutture dovrebbero essere il più possibile integrate nel comune in cui si trovano e ciò significa che dovrebbero partecipare attivamente alla vita del comune stesso. Quando vediamo strutture isolate in se stesse, dei piccoli ‘ghetti’ per così dire, che non partecipano o non propongono nessuna attività in contatto con l’esterno, limitandosi ad operare quasi in ombra, qui bisogna concentrare le attenzioni perché si profilano situazioni di maggiore rischio. Diversamente, quando ci troviamo di fronte a strutture aperte al pubblico, aperte a partecipare oppure ad organizzare eventi che coinvolgono agli ospiti, allora è difficile che si possano celare situazioni di abuso perché sarebbero facilmente rilevabili.
Articolo pubblicato dal sito LaCasadiRiposo.it